Pianificazione del personale: Nessuno è indispensabile?

Nessuno è indispensabile? Non è proprio così!

“Siamo tutti necessari, nessuno è indispensabile.”

Questa è una verità ormai assodata nel mondo professionale.

In particolare, per le organizzazioni è molto importante che nessuna persona sia considerata indispensabile.

Il contrario sarebbe un problema di non poco conto, ad esempio nel caso in cui una persona dovesse assentarsi temporaneamente per malattia/ferie o peggio ancora se dovesse decidere di cambiare azienda.

Questo approccio, seppur non sbagliato, a volte si spinge all’eccesso arrivando a considerare le persone totalmente intercambiabili. Si potrebbe ritenere – per esempio – che ogni attività possa essere svolta da Tizio o Caio senza differenza alcuna.

Quale conseguenze ha la logica della sostituibilità sul dipendente?

La sensazione di sentirsi “indispensabile” è molto importante per il dipendente.

Essa è utile a placare l’ansia e la paura di restare senza lavoro oltre che ad aumentare la fierezza e il significato di ciò che si fa. La sua mancanza può determinare risvolti molto negativi e un forte senso di paura. Una su tutte, la paura di perdere la propria identità e il proprio ruolo legato al lavoro.

Quest’ultimo ci connota, ci definisce, ci appartiene e vederlo consegnato ad altri può essere comprensibilmente molto doloroso. Di conseguenza, questo determina un abbassamento dell’autostima e dell’engagement del dipendente nell’azienda.

Quale rischio si espongono le aziende che sposano la logica della sostituibilità?

L’abbassamento della soddisfazione e dell’engagement del dipendente può determinare un più alto tasso di turnover. Diversi studi e fonti hanno infatti stimato il costo del turnover che impatta sulla gestione delle risorse umane.

Secondo Gallup il costo per sostituire un dipendente può raggiungere il doppio del suo stipendio annuale.

Forbes afferma che il turnover possa costare fino al 33% dello stipendio annuale di un dipendente, da considerare la posizione in azienda del lavoratore da sostituire e l’importanza del ruolo ricoperto. In ogni caso, è indubbio come un elevato tasso di ricambio costituisca un rischio importante per l’azienda. 

D’altro canto, anche il processo di sostituzione delle risorse determina altri costi da non dimenticare. Bisogna considerare le spese per il processo di ricerca e selezione del personale e l’inserimento dei nuovi dipendenti, che includono la loro formazione e organizzazione del lavoro. Tutti questi aspetti sono da considerare in ottica di pianificazione del personale.

Secondariamente, il continuo ricambio causa indirettamente una riduzione della produttività: si consideri il tempo dedicato all’inserimento della nuova risorsa, l’aumento dei carichi di lavoro e di stress per i dipendenti rimasti e, da non dimenticare, la pubblicità negativa dell’azienda che influenza sia i dipendenti che rimangono, sia i clienti.

Su cosa bisogna puntare? Che logica bisogna adottare?

Necessario è dunque un cambio di mentalità da entrambe le parti.

Il lavoratore dovrebbe rendersi “sostituibile” nella misura in cui una sua assenza non pregiudichi la buona riuscita dell’andamento lavorativo, questo è possibile grazie alla condivisione con i colleghi delle proprie attività.

Dall’altro lato, i lavoratori devono pensarsi fondamentali, in quanto unici ma senza coltivare solo il proprio “giardinetto privato” per cercare di rendersi più importanti agli occhi dell’azienda. Questo in ottica anche di pianificazione del personale è fondamentale.

Dall’altro lato, il management dovrebbe far di tutto per evitare e stigmatizzare questi comportamenti, premiando chi lavora per rendersi “sostituibile” mantenendo la sua unicità, senza però ritenere che ogni mansione possa essere svolta indistintamente da un lavoratore piuttosto che un altro.

Le aziende dovrebbero così dare priorità alle singole risorse e determinare una loro valorizzazione grazie anche a una struttura flessibile che riesce a reagire ai cambiamenti e permette l’intercambiabilità.

Il detto originario recita: “siamo tutti necessari, ma nessuno è indispensabile”. Bisognerebbe invece pensare al contrario: “siamo tutti indispensabili, ma nessuno è necessario”.

Nessuno è indispensabile? Non è proprio così!

Ogni persona ha qualcosa di indispensabile e di unico che le aziende devono valorizzare.

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