La ripartenza delle donne: fra Extreme working e Shecession

Extreme Working e Shecession

Qualcuno la chiama la fase zero, il New York Times parla di Shecession: nonostante i decreti per il rilancio, le donne potrebbero non risalire sul treno della ripartenza. 
L’homeworking degli ultimi mesi ha sottolineato le differenze di genere, soprattutto nella gestione dei tempi e delle attività familiari. 
A livello globale i dati mostrano che ancora il 42% delle donne (6% degli uomini) non può permettersi di lavorare perché deve occuparsi di familiari, anziani e bambini caricandosi di più di tre quarti di tutto il lavoro di cura (Oxfam Briefing Paper, 2020). È chiaro come, nonostante le conquiste e i cambiamenti sociali avvenuti nel corso della storia, la suddivisione dei compiti in casa resta di stampo tradizionale: è quasi sempre la donna ad occuparsi di cura e assistenza della famiglia. 

Extreme Working: il super lavoro delle donne
Con la chiusura improvvisa di scuole, asili e strutture di assistenza, la pandemia ha estremizzato gli squilibri di genere ancora esistenti nel 2020. Le donne hanno dovuto far fronte a un improvviso aumento dei loro compiti di cura, cercando un nuovo modo per conciliare vita professionale e vita familiare: 1 donna su 3 lavora più di prima ed evidenzia difficoltà nel mantenere in equilibrio i due ambiti (ValoreD, 2020). Si parla di Extreme Working, per sottolineare il superlavoro che le donne stanno affrontando in questo periodo, trovandosi a gestire quotidianamente le videolezioni dei figli, le conference call aziendali e la casa, in spazi spesso troppo ridotti e contesti caotici e distraenti. Lo spazio domestico diventa un campo minato e l’homeworking si sta rivelando un’arma a doppio taglio perché, invece che facilitare il lavoro, lo sta complicando: i tempi si sono dilatati e spesso ci si sente reperibili 24 ore su 24. 
D’altronde anche i dati (CGIL, 2020) mostrano come la percezione dello homeworking in questa situazione sia differente per donne e uomini. Mentre per gli uomini questa modalità di lavoro si rivela spesso più stimolante e soddisfacente, per le donne la situazione è praticamente opposta. L’homeworking al femminile viene descritto come pesante, complicato, stressante e alienante.


Shecession: la recessione al femminile 
Alla luce di quanto detto è chiaro come ancora oggi siamo ben lontani da una parità di genere. Tutti questi elementi erano già disseminati nella cultura socio lavorativa e l’emergenza sanitaria ha solamente contribuito a portare a galla certi aspetti. A causa della recessione economica e della diffusione delle pratiche di homeworking,  addirittura si parla di una recessione femminile (Shecession) e del rischio che sia ancora la donna ad essere costretta a fare un passo indietro. 
Dal report annuale di Save the Children (2020), leggiamo la testimonianza di una mamma lavoratrice autonoma che afferma: “vedo sfumare la mia professionalità per anteporre una maternità totalizzante, le mie ambizioni per la crescita di mio figlio. […] sono fortunata perché ho scelto di essere madre e non me ne pento, ma non ho scelto di essere solo madre”

È utile riflettere su quali siano le risorse che abbiamo a disposizione per avvicinarci alla parità di genere, ed evitare che le donne siano costrette a comportarsi da equilibriste (Save the Children, 2020) nel tentativo di gestire i vari impegni della giornata. 
Cultura e azioni individuali sono due fattori fondamentali per avviare un cambiamento. La cultura ha un potere ampio e generalizzato nel definire le modalità d’azione e le politiche sociali, gli individui sono decisivi nel farsi avanti e proporre comportamenti alternativi da attuare nella società o nelle organizzazioni.
Le poche politiche introdotte a livello legislativo non forniscono tutti gli strumenti necessari per colmare il gap di genere perché figlie di una cultura patriarcale. 
Inoltre, quei pochi strumenti forniti spesso vengono adottati solo a livello formale dalle aziende, un esempio sono i congedi parentali condivisi. 
È necessario quindi un cambiamento culturale verso la parità di genere, iniziando proprio da noi, dalle nostre azioni individuali. Cerchiamo di creare degli equilibri familiari in cui le responsabilità dei figli e della cura della casa non siano solo  appannaggio della donna. Evitiamo di guardare male un papà che decide di prendersi la giornata libera per gestire gli impegni familiari, ma anzi incoraggiamo questo tipo di comportamento. 
Creando un precedente, anche gli altri saranno più propensi ad emulare questi comportamenti, contribuendo a generare un proficuo circolo virtuoso che porterà ad un’equa divisione degli impegni familiari verso la parità di genere.

Margherita Cislaghi, Lucia Cannone