Annibale Lecchi è il Presidente del Comitato di Bergamo Hinterland della Croce Rossa Italiana, un’ampia zona che copre la provincia di Bergamo da nord est a sud est, composta da 13 sedi. Domenica 23 febbraio, sette giorni dopo la sua nomina, si sono verificati i primi due contagi nella provincia di Bergamo, ad Alzano Lombardo, proprio nel suo distretto di competenza.
Intervista Annibale Lecchi di Luca Bramati
Caro Annibale, il suo è stato un battesimo di fuoco…
“Sì sono stato eletto Presidente del Comitato il 16 febbraio scorso”.
Si è trovato catapultato nell’emergenza a distanza di pochi giorni dalla sua elezione. Come avete reagito?
“A partire dal pomeriggio di quella stessa domenica abbiamo istituito delle riunioni speciali per gestire l’emergenza. Nel distretto di Bergamo Hinterland disponiamo di 1.600 volontari, che abbiamo mobilitato assieme ai mezzi necessari per fronteggiare la situazione”.
Quella di Bergamo è stata la seconda provincia colpita in Italia. Come valuta i tempi di reazione nel gestire l’emergenza?
“Gli effetti e la modalità di diffusione di questo virus sono senza precedenti, probabilmente quando si sono presentati i primi casi non è stato possibile riconoscerli tutti per la scarsa familiarità con questa malattia. Non appena riconosciuta la portata del fenomeno però siamo stati in grado di mettere in atto le debite contromisure.”
Alzano Lombardo e Nembro si trovano nel suo distretto di competenza. Si sarebbe potuta istituire prima una zona rossa?
“Nonostante il verificarsi dei due casi positivi ad Alzano, la percezione del rischio non era ancora chiara. Io stesso lunedì 24 febbraio sono andato a Milano a lavorare. Oggi c’è un’allerta diversa che permette di riconoscere meglio i fenomeni di contagio, per cui possiamo fare delle valutazioni allora impensabili o molto difficili da effettuare.”
Bergamo è stata definita la Wuhan d’Italia. Che situazione vi siete trovati ad affrontare?
“Da fine febbraio ai primi giorni di aprile abbiamo dovuto gestire circa 8.000 richieste con mezzi insufficienti: ospedali strapieni e ambulanze in fila con tempi di attesa medi di due ore e picchi di quattro. Si è fatta sentire anche la penuria di materie prime fondamentali, quali l’ossigeno utilizzato nei reparti di terapia intensiva, ma fortunatamente siamo stati supportati per tempo con ulteriori rifornimenti e con l’arrivo in appoggio di altre ambulanze da tutto il territorio nazionale, consentendoci di mettere a disposizione fino a 45 mezzi al giorno. Il culmine dell’emergenza è stato toccato intorno al 20 marzo, in quei giorni avremo condotto più di 200 interventi al giorno, quando normalmente la media giornaliera è di 90, inclusi anche i codici verdi. Attualmente questo tipo di richieste si è azzerato: chi chiama oggi lo fa esclusivamente per situazioni gravi.”
Fortunatamente la curva di crescita dei contagi sta rallentando. Com’è la situazione adesso?
“Oggi ci troviamo in una fase epidemica leggermente calante e gradualmente si sono ridotte le richieste d’intervento. Mediamente svolgiamo più di 100 interventi al giorno, per i quali mettiamo a disposizione circa 30 ambulanze. Le disposizioni sono di rimanere vigili e non abbassare la guardia.”
Questo virus ha reso necessario prendere diverse precauzioni. Com’è cambiato il modo di svolgere il vostro lavoro?
“Abbiamo affinato le modalità d’intervento affinché il nostro personale fosse esposto al minor numero di rischi possibile, effettuando la sanificazione delle ambulanze dopo ogni servizio e formando i nostri operatori all’uso corretto dei dispositivi di protezione. Siamo così riusciti a contenere il contagio dei nostri volontari e dipendenti, anche se qualcuno purtroppo è stato infettato.”
In che situazione emotiva si trovano i cittadini della provincia di Bergamo e come li state sostenendo moralmente?
“Naturalmente in giro non c’è nessuno, si parla dai balconi e dalle finestre, dove si vedono appese alcune bandiere italiane. La situazione è molto drammatica perché in diverse famiglie almeno un parente è stato contagiato, lasciando parecchi segni anche a livello psicologico. La CRI Lombardia in coordinamento con l’Ordine degli Psicologi della Lombardia ha istituito un numero verde composto da un’équipe di psicologi a supporto dei cittadini e dei volontari.”
Quali manifestazioni di solidarietà ci sono state in questo difficile momento e come vi hanno spronato a lavorare meglio?
“Il senso di solidarietà che si è diffuso è stato bellissimo e ci ha incoraggiato molto, non ci aspettavamo una risposta così pronta e da parte di tutti: associazioni, aziende, piccoli esercizi e cittadinanza. Ci sono arrivate donazioni di denaro per acquistare i presidi di protezione individuale, come le mascherine. Ci sono giunti anche regali e donazioni di materiali di ogni genere utili a fronteggiare l’emergenza. Inoltre una catena di negozi del settore elettronico ci ha donato dei tablet che sono stati distribuiti negli ospedali Papa Giovanni XXIII e Humanitas di Bergamo per permettere ai ricoverati in terapia intensiva di mettersi in contatto con i parenti a casa. Inoltre un noto ristorante della zona fornisce tutti i giorni i pasti per gli equipaggi in servizio.”
Ci racconti un ultimo episodio.
“Avevamo acquistato le uova di Pasqua per la consueta raccolta fondi sul territorio, ma non potendole vendere in piazza temevamo andassero sprecate. Invece le abbiamo vendute tutte in un battibaleno con il passaparola. C’è stata una grande mobilitazione della cittadinanza: se ne avessimo avute di più avremmo venduto anche quelle.”
#SOSTENIAMOBERGAMO – Fondazione della Comunità Bergamasca
#LOPSICOLOGOTIAIUTA – www.lopsicologotiaiuta.it
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