Il lockdown è anche psicologico?

Il Lockdown è anche psicologico?

Confinati in casa, il nostro contesto di vita coincide con la nostra abitazione.

Il ventaglio delle nostre possibilità esistenziali si è sensibilmente ristretto perché circoscritto agli spazi dell’ambiente domestico, che ci protegge e ci limita allo stesso momento.

Che cosa comporta il lockdown nell’esperienza psicologica quotidiana? 

Il domicilio forzato limita la progettualità individuale poiché agisce sulla dimensione spazio-temporale, fondamentale nell’esperienza umana. Tale riduzione dello spazio vitale in un tempo indefinito genera una contrazione delle nostre possibilità di agire e di emozionarci, che si riverbera sul piano affettivo generando sentimenti di frustrazione, rabbia, noia e insicurezza.

Il lockdown riduce sensibilmente le occasioni di esprimere la nostra individualità, in quanto molte attività non possono essere svolte in casa o, seppur riadattate, non mantengono la stessa intensità. Di conseguenza limita l’espressione di quei comportamenti che ci appartengono e ci qualificano come individui diversi dagli altri: è proprio nelle nostre azioni, nelle nostre scelte, nei nostri progetti che si esprime e si alimenta la nostra individualità. 

Il nodo principale risiede nel ridursi delle occasioni di esprimere liberamente la nostra intenzionalità. Questo perché è con l’intenzione, da cui sorge la volontà di compiere l’azione, che si costituisce la dialettica incessante tra individuo e mondo a partire dalla quale si origina l’identità personale, quella che più comunemente chiamiamo personalità.

Ne consegue che quando il nostro margine d’azione è limitato, le nostre possibilità di essere e quindi di autodeterminarci subiscono un ridimensionamento perché i due fenomeni, agire ed essere, coincidono sul piano psicologico. Oggi una gran parte di queste possibilità di essere si è temporaneamente dissolta e pertanto il nostro stesso contesto psicologico di vita risulta deprivato rispetto al solito. 

Cosa accade al nostro umore durante questo periodo?

Ogni soggetto è differente dall’altro secondo variabili biologiche, cognitive, emotive e sociali la cui commistione genera un assetto psicologico unico. Infatti, se noia, apatia, irritazione possono essere sentimenti comuni e trasversali, la risonanza di questi vissuti cambia da individuo a individuo. Quindi suggerimenti e consigli non valgono per tutti allo stesso modo.

Inoltre, occorre considerare che per molte persone la quarantena rappresenta anche un rischio lavorativo ed economico dall’esito imprevedibile. L’incertezza per il futuro riguarda proprio le possibilità d’azione e di progettazione di sé, che si possono tradurre in emozioni di paura e rabbia. 

È necessario, quindi, identificare correttamente le ragioni del proprio disagio, in modo da ricondurre il proprio malessere alle motivazioni che lo hanno generato e in ragione di ciò scegliere di adoperarsi in qualcosa che sia effettivamente utile per noi stessi. 

Che strumenti abbiamo per attenuare questa condizione?

Per far fronte a una situazione in cui il nostro contesto d’azione ed emotivo-relazionale si è sensibilmente ridotto, è opportuno trovare altre fonti per coltivare la nostra identità. È come se il nutrimento per la nostra personalità stesse scarseggiando e per questo dobbiamo cercare di alimentarlo con strategie alternative. Per farlo evidentemente non abbiamo a disposizione le consuete modalità ma è necessario individuarne altre. 

Innanzitutto possiamo sfruttare la tecnologia, che fortunatamente ci consente di compiere a distanza quelle attività che prima svolgevamo fuori di casa: video-incontri, video-riunioni, video-chiamate. Inoltre, ora che l’ordine di priorità si è riconfigurato possiamo coltivare quelle passioni a cui da tempo avremmo voluto dedicarci. 

Questa constatazione è semplice ma significativa sotto il profilo psicologico perché ci mette nelle condizioni di ribaltare il nostro modo di rapportarci emotivamente a questa clausura forzata: da recettori passivi diventiamo interpreti attivi della situazione in atto. Percependo come maggiormente nostre le attività che svolgiamo, ci sentiremo più appagati e soddisfatti una volta che le avremo portate a compimento.

Quanto più la nostra personalità sarà ricca di sfaccettature, come fossero sentieri diversi che conducono alla stessa meta – la nostra identità – tanto più sarà facile individuare interessi alternativi da coltivare seguendo questi percorsi, soprattutto in periodi come questo. Di conseguenza, il suggerimento valido anche per il futuro è quello di rimanere aperti e coltivare modi diversi di essere e di percepirsi come se stessi, emozionandosi e riconoscendosi a partire da un ampio ventaglio di sentimenti identitari.

E voi? Quale sentiero state percorrendo?

Luca Bramati, Tamara Monaci